
Moda green e sostenibile- fonte foto: columnazero.com
L’industria della moda è tra le più inquinanti al mondo. Nelle varie fasi di produzione, dalla tintura ai finissaggi, sono impiegate molte sostanze chimiche tossiche, che poi vengono scaricate nelle acque contaminandole e causando effetti negativi sull’uomo, sulle acque e sull’ambiente.
Oggi però qualcosa per fortuna sta cambiando, visto che anche l’industria della moda sta lavorando per ridurre il proprio impatto sull’ambiente.
Etica, verde, ecologica, responsabile sono tutti termini sempre più spesso associati alla moda. Il concetto di “moda sostenibile” sta alla base di un movimento che, a partire dagli anni 90, ha coinvolto numerose aziende, tra grandi colossi e brand di nicchia, con l’obiettivo di correggere i comportamenti di un’industria tra le più inquinanti e preparare la strada per un futuro più responsabile.
La sostenibilità non è punto di arrivo, ma un percorso che ogni azienda operante nel campo della moda può intraprendere adottando misure specifiche come il taglio delle sostanze chimiche o progetti di welfare per i suoi lavoratori.
Ecco alcune aziende che hanno promosso iniziative per rendere più sostenibile ed ecologica la produzione di capi di abbigliamento.
A contribuire al cambiamento delle politiche di molte aziende fashion è stata la campagna Detox fashion di Greenpeace, che ha stimolato l’industria della moda a lavorare per eliminare le sostanze pericolose anche con i propri fornitori e comunicando questi risultati ai consumatori finali. Secondo l’ultimo report, i migliori sono stati colossi come Adidas, Benetton, Inditex, Puma, Mango, Valentino.
Dal 2014 ad oggi è cresciuto l’utilizzo da parte dei colossi dell’abbigliamento di cotone organico, coltivato cioè con metodi a basso impatto ambientale senza pesticidi e sostanze tossiche. Inoltre sono sempre di più le collezioni realizzate in poliestere derivante dalle bottiglie di plastica riciclate.
Il gruppo svedese H&M è stato tra i primi a promuovere iniziative in questo senso: le collezioni sono infatti realizzate per il 21% in cotone organico e per il 14% con materiali sostenibili.
Anche molte aziende tessili italiane si sono fatte portavoce del cambiamento. Una di queste è Canepa che, attraverso il progetto “Savethewater”, ha ridotto il consumo di acqua fino a 300 litri per pezza rispetto ad una media di 3 mila, ha diminuito fino al 70% gli agenti inquinanti e il 90% del consumo di energia.
C’è anche chi ritiene che il lusso possa essere accattivante anche se 100% vegano. Parola di Stella McCartney, figlia di Paul dei Beatles e stilista di fama internazionale. Dal 2001 ha scelto di rendere il suo marchio completamente animal friendly, senza utilizzare pelle o pellicce nelle sue collezioni ma eco-pellami realizzati al 50% con olio vegetale.
Il primo marchio eco-etico di lusso italiano si chiama invece “Cangiari” (in dialetto calabrese significa “cambiare”). Nato dal consorzio sociale Goel che combatte contro la ‘ndrangheta, ha fatto delle lavorazioni al telaio a mano tipiche dell’antica tessitura calabrese il suo punto di forza. Nel 2011 ha inaugurato uno showroom a Milano in un locale confiscato alla mafia.
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Articolo realizzato da Cristiana Lenoci