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Giocatori Anonimi, la storia di Sandro e Anna

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Uomini e donne che scompaiono inghiottiti nel buio delle sale gioco, che riempiono la loro vita di scommesse e gratta e vinci, giovani e adulti che non riescono ad uscire dal tunnel della dipendenza dal gioco. Sono tanti, troppi, i giocatori compulsivi, in Italia.

Quello che più colpisce è che si tratta di un fenomeno che interessa in modo trasversale tutte le classi sociali: dai lavoratori dipendenti ai pensionati, passando per l’imprenditore e il libero professionista.

Il gioco d’azzardo è un business allettante anche per la criminalità organizzata, che interviene spesso e volentieri nella gestione di slot machine e altri strumenti mangia soldi. Ci sono persone che combattono quotidianamente con il “mostro” della dipendenza dal gioco: tanti soccombono, fino a perdere tutti i soldi che hanno e spesso nella disperazione arrivano anche a togliersi la vita, altri invece per fortuna riescono ad uscirne.

Come succede con qualsiasi altro tipo di dipendenza, anche per uscire dal tunnel del gioco d’azzardo occorre tanta forza e un aiuto da persone esperte e competenti. In tutta Italia, proprio a causa dell’aumento dei giocatori compulsivi, stanno nascendo gruppi di aiuto in cui la regola basilare è l’anonimato.

Anche al Sud, nonostante i dati relativi al gioco d’azzardo siano meno allarmanti di quelli che riguardano il Nord, sono sorte associazioni e gruppi di Giocatori Anonimi, e proprio qui abbiamo incontrato Sandro e Anna. Hanno accettato di raccontarci la loro storia, ma hanno chiesto espressamente di non mostrare i loro volti. Così abbiamo fatto, mentre una cioccolata calda e fumante ha contribuito a rendere il dialogo più facile.

Sandro e Anna si definiscono “malati” del gioco da circa cinque anni. Sandro ha quaranta anni ed un figlio di tre anni, Anna invece è single, ha cinquanta anni ed è un’impiegata di banca.

R: Perché ti definisci “malato/a”?

Sandro: La dipendenza dal gioco è una malattia dalla quale non si guarisce mai completamente. Nel senso che, se si smette, lo si deve fare per sempre. Se si ricomincia ci ricaschi, esattamente come succede con l’alcol.

Anna: Io mi sento malata perché non riesco più ad imporre la mia volontà sulla dipendenza. Entro qui nella sala giochi come un automa, quando finisco di lavorare, e mi sento completamente in balia del “mostro” che mi ha annientato come persona. Sono malata perché è come se vivessi una doppia vita, in tanti non sanno cosa faccio realmente dopo l’orario di lavoro, né potrebbero immaginarlo.

R: Come sei entrato/a nel tunnel della dipendenza dal gioco?

S: Mi è sempre piaciuto scommettere, da ragazzo scommettevo su qualsiasi cosa, anche sulle partite degli amici. Cinque anni fa questa mia abitudine alla scommessa è diventata una patologia vera e propria: mi svegliavo pensando a come trovare i soldi per giocare e andavo a dormire con lo stesso pensiero nella testa. Entravo e uscivo dalla sala giochi, appena trovavo un po’ di tempo libero mi mettevo davanti alle slot machines e stavo lì per ore. Un giorno mia moglie mi ha chiamato dicendo che mio figlio stava male, ed io non sono riuscito a smettere per correre da lui. In quel preciso momento ho realizzato che stavo devastando la mia vita e che di lì a poco avrei perso tutto.

A: Ricordo che circa cinque anni stavo attraversando un periodo non facile della mia vita. L’ennesima storia d’amore in cui avevo creduto era finita, ed io raccoglievo i cocci di quel che restava di me: un donna distrutta e depressa senza più voglia di vivere e reagire. Un giorno sono entrata in un tabacchino con una mia amica che aveva vinto 100 euro al gratta e vinci. Ne ho comprati due anche io, vincendo cinquanta euro. Ho preso quei soldi e ho cominciato a giocare alle slot machine. Senza accorgermene sono entrata in un vicolo cieco: non vedevo l’ora di uscire dal lavoro per andare a giocare, era così che cercavo di colmare il vuoto delle mie giornate e la mia depressione.

R: Cosa consigli a chi si trova ad essere vittima della dipendenza dal gioco?

S: Non abbiate vergogna a chiedere aiuto. Questa è la cosa più giusta che possiate fare per salvare voi stessi e le persone che amate. Frequentare un gruppo di aiuto (in anonimato) è il modo più utile per uscire dalla dipendenza e tornare a vivere. Il confronto con gli altri è importante, è da questo che si trova la forza per venirne fuori.

A: Io sono entrata in psicoterapia da qualche anno e frequento un gruppo di Giocatori anonimi: ora sto bene, ma non voglio sentirmi invincibile. Il traguardo va segnato giorno dopo giorno, non si è mai completamente fuori dal “tunnel”. Consiglio a chi ha un problema del genere di non arrendersi, di non rifiutare l’aiuto delle persone che credono in noi e di non buttare via così la propria dignità.

Per info e contatti: http://www.giocatorianonimi.org/

Cristiana Lenoci

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Autore
Daniele Orlandi
Daniele Orlandi
Giornalista pubblicista, mi occupo di comunicazione in tutte le sue forme. Laureato in Comunicazione Digitale collaboro con testate giornalistiche (quotidiani e settimanali, cartacee e online) e sono specializzato in comunicazione sul web, S.E.O., contenuti editoriali indicizzabili sui principali motori di ricerca, comunicazione in real time. Lavoro da tempo con il team di Articoliinvendita, occupandomi della creazione di contenuti editoriali per il web e la carta stampata.

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