In una cultura dominata dalla confusione e dalla caccia al sensazionalismo, per fortuna esistono ancora “mosche bianche” che non si lasciano trasportare dal sistema, ma che anzi lo criticano fortemente proponendo nuove e originali vie d’uscita. Abbiamo incontrato per voi un autore che ha davvero tanto da dire, è un filosofo della comunicazione ma non solo, si chiama Carmine Castoro.
R: Parlaci di te
C: Sono da anni a tempo pieno un filosofo della comunicazione, ma ho alle spalle (e non solo) una carriera da giornalista professionista. Sono laureato in Filosofia Morale a Bari con una tesi sul concetto di “malattia”, e sono stato collaboratore e inviato per quotidiani e magazine nazionali. Come autore televisivo ho firmato numerosi programmi per il palinsesto notturno della RAI e per canali Sky. Per tre anni ho curato la comunicazione di un progetto ministeriale ed europeo itinerante Pon Sicurezza sulla legalità al sud chiamato “Verso Sud”, titolo anche di una trasmissione andata in onda sul circuito Cinquestelle-Sky a ruota delle varie tappe, sempre a mia firma. Ho dedicato molti reportage a “fenomeni estremi” come: trasgressione, prostituzione, manicomi, droga, malasanità, psicosette, devianze giovanili, pedofilia.
Sono autore delle monografie “Roma erotica” (Castelvecchi, 1997), “Crash Tv. Filosofia dell’odio televisivo” (Coniglio, 2009), “Maria De Filippi ti odio. Per un’ecologia dell’immaginario televisivo” (Caratteri Mobili, 2012), “Foucault, Deleuze, Sennett. Lo show come dispositivo” in AA.VV. “Estetica e Poetica” (Mimesis, 2012), “Filosofia dell’Osceno televisivo. Pratiche dell’odio contro la tv del nulla” (Mimesis, 2013). Ho tenuto lezioni e seminari presso le università di Bari, Reggio Emilia,Varese, Roma La Sapienza e presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, presso cattedre di professori famosi come Ponzio, Codeluppi, Morcellini, Dalla Vigna.
Attualmente ho una rubrica di videointerviste a scrittori e filosofi sulla TV del Messaggero chiamata FACE&BOOK e due su altroquotidiano.it, una dedicata a profili femminili e l’altra di critica letteraria, e collaboro con la Rivista di Scienze Sociali diretta da Massimo Canevacci.
R: Quali sono i tuoi progetti futuri?
C: Continuare sicuramente con le mie collaborazioni giornalistiche, che sono spazi di riflessione e approfondimento perfettamente in linea con quell’idea di nuova “aristocrazia della parola” che cerco di perseguire. Avrò finalmente uno o due incarichi universitari in Estetica dei Media con grossi atenei privati, ma rispetterò anche i tanti inviti a parlare che ricevo da facoltà, scuole, librerie, festival letterari. E nel 2014 curerò l’uscita di due nuovi libri Mimesis a mia firma: il primo sarà una sorta di “filosofia del noir”, ovvero uno studio su come la morte, i delitti, il mistero vengono rappresentati – e spesso disinnescati nella loro potenza simbolica – all’interno dei format televisivi e dei canali tematici; l’altro, un’appendice alla “trilogia dell’odio” legata alle ultime tre opere già pubblicate, dedicato al concetto di Tele-Capitalismo e di biopolitica come economia di forze e disposizioni costruite dentro e intorno a noi dalla rete mediatica globale.
R: Cosa pensi dello stato della cultura oggi in Italia?
C: Penso molto male. E non è solo un modo di dire legato al risaputo argomento per cui gli ultimi governi hanno dato sempre meno fondi alla ricerca, alle università, allo sviluppo civico e critico del Paese. La cultura non è solo gestione di risorse, è anche organizzazione di discorsi pubblici e, purtroppo oggigiorno, manipolazione del linguaggio, distrazione di massa, acclimatamento delle coscienze sempre più ingottate di inutile catrame mediatico come il tubo di una stufa mai cambiato.
Come ho scritto in un mio post su Facebook in queste ore, lo psicodramma delle condizioni cliniche di Michael Schumacher sta diventando grottesco, vergognoso, inaccettabile. Il tg2, la sera del 31 scorso, apre dopo il discorso di Napolitano che, a sua volta, ha iniziato con il resoconto delle lettere accorate, disperate, che gli inviano anziani, giovani frustrati, capifamiglia disperati, e piuttosto che commentare, alzare il tiro, dare spessore ad affermazioni così urgenti e di denuncia sociale, il tg2 appunto, passa la linea all’”inviato” da Grenoble dove è ricoverato il pilota per dirci come sta, e subito dopo al servizio che dà spazio alla “velina” della dichiarazione ufficiale dell’ufficio stampa di Schumacher: il pilota non correva, era col figlio, “tradito” da un sasso….
E solo dopo, solo tristemente dopo, arriva un servizietto da niente di che sull’uomo che ha trucidato se stesso e la famiglia a Torino per l’umiliazione e il tracollo di essere stato licenziato tre mesi fa.
Da giornalista sensibile e attento a fatti e verità, come penso di essermi sempre sforzato di essere, e alla loro gravità collettiva, avrei “aperto” un tg della sera con la notizia di un marchio di occhiali da sole che ha utilizzato una frase sulla riscoperta della bellezza di Peppino Impastato, vittima della mafia, trasformandola in claim commerciale. Ecco, la “cultura” oggi è anche questo: mutazioni della parola, travisamenti studiati, bricolage di dubbio gusto, oscenità televisive, appunto.
R: Cosa salveresti della televisione, oggi?
C: Ben poco, guarda. Sono molto critico, ai limiti del disprezzo e dell’odio, nei riguardi dell’offerta televisiva oggi, degli effetti ipnotici e istupidenti che innesca nella testa delle persone, e soprattutto di chi la fa nel dietro le quinte, miei potenziali colleghi da cui rifuggo. C’è approssimazione, incultura, abuso di una parola e di idee già consumate e smunte, nessun vero punto di osservazione critico e “perturbante” sul reale, nessuna democrazia diretta finalizzata a valori, diciamo così, come ci si illude che sia – e forse con moderazione in parte lo è – il virtuale degli internauti.
Ovunque vedo opinionismo becero, ridicolizzazione, banalità, ambizioni smodate e para-artistiche di persone che farebbero bene a tornare alla zolla o sui banchi di scuola, o appropriazione di “forme di vita” che hanno portato, per esempio sui canali satellitari, ad una proliferazione ipersegmentata di format che approfondiscono fino all’estremo nicchie specifiche, invocando narrazioni che diventano solo dilatazioni grandangolari di particolari e storie fasulli: la cucina, le sex therapy, il modo di vestirsi, il makeup, i lavori sporchi, gli accumulatori seriali, i mostri della cronaca nera, i pronti soccorsi, le malattie imbarazzanti, le diete dei super ciccioni, e potrei continuare. Mentre finanche programmi di contraltare che ho sempre ben giudicato come Striscia la Notizia hanno imboccato la svolta del teatrino e dell’allegra pupazzeria su argomenti e temi intorno ai quali imbastivano ben altre etichette fino a pochi mesi fa.
Ne I principi della Neolingua, appendice a 1984, dice Orwell: “Per le finalità della vita quotidiana era indubbiamente necessario, o almeno lo era talvolta, riflettere prima di parlare, ma un membro del Partito, quando viene sollecitato ad emettere un giudizio etico o politico, doveva essere in grado di sputar fuori le opinioni corrette con lo stesso automatismo con cui una mitragliatrice spara i suoi proiettili”. Sembra scritta apposta per quell’orrido sgangherato carrozzone di talk politici dove deputati in crisi di nervi e di identità, mezzi soloni, avanzi di galera e conduttori alla frutta, gareggiano in violenze verbali e nel più tronfio nulla comunicazionale, “automatici” come le armi da sparo dell’anti-utopia orwelliana.
R: Quali consigli daresti ad un giovane scrittore?
C: Gli consiglierei di lasciar perdere. So che dico una cosa assolutamente impopolare e tacciabile di moralismo d’antan. Né lo faccio per difendere i privilegi di una “casta” alla quale, dopo svariati libri pubblicati, in qualche modo dovrei appartenere anche io. Ma è così. Oggi l’industria del letterario è solo una enorme montagna di carta straccia, dove autorucoli di quart’ordine e presunti nuovi “emozionatori” della pagina scritta si alternano alle cosiddette “firme prestigiose”, anch’esse in grave crisi di offerta di letture del reale. Oggi la gran parte dei libri a sfondo psicologico, dei romanzi, delle storie narrate, è largamente bypassata da tutto quanto sforna il televisivo in termini di viteindiretta, realcrime, realityshow, quartigradi, quintecolonne, e da tutti i più tenebrosi, raccapriccianti, “inenarrabili”, vojeuristici dettagli che la cronaca propone e i contenitori tv del pomeriggio propinano.
La letteratura arriva tardi e male, come un clone già viziato e seviziato. Ma purtroppo, vedi il nuovo osceno caso di Masterpiece, la televisione oggi si è appropriata anche della cultura in senso stretto per farne tattica da star system e promesse adulatorie di un sogno di soldi e popolarità. E così si scrive, si scrive, si scrive, come per anni si cantava, si cantava, si ballava, si voleva andare al Grande Fratello, a Uomini e Donne, in una nauseante transumanza di pecoroni verso le verdi siepi del Televisivo che oggi raccoglie tutte queste mandrie e tutta quest’erba da brucare, tutte insieme, tutta insieme.
Io mi occupo di saggistica e so che prima di scrivere un libro ne leggo decine se non centinaia, leggo, rileggo, passo notti di veglia e di scrittura, di riflessioni anche dure da gestire dentro di me, e so per esperienza che un libro, se vuole davvero trasmettere qualcosa di innovativo e sorprendente, non deve essere solo una bella colata di inchiostro, o un buon esempio di sintassi, ma deve essere la mostra di un pensiero, di un sentire, una visione, deve ardere e bruciare chi lo sfoglia, scorticarlo, destabilizzarlo.
Mentre oggi si pigiano tasti su un pc con la stessa riposta bramosia con la quale ci si presenta a un casting di Maria De Filippi o ci si inventa a tavolino un futuro da cantante. Con o senza l’x factor. E l’industria del packaging e degli uffici stampa è lì per consacrare il “personaggino” di passaggio, o per estenuare la fama, spesso mal riposta, dell’intellettuale-vip, piuttosto che per valorizzare chi davvero promuove un mondo nuovo, o un modo nuovo di stare al mondo.
Consigli a un giovane scrittore? Studi e viva prima tanto. L’opera insegua l’operato. Il libro è testimonianza, pelle e sangue in presa diretta. Solo dopo, tessitura di una trama o svolgimento di una tesi. In alternativa si apra un ristorante o venda bene i libri degli altri…
Intervista realizzata da Cristiana Lenoci