Quando ho incrociato per caso la storia di Bartolomeo D’Aprile mi sono subito tornate alla mente i momenti spensierati della mia infanzia, quando in famiglia si mangiava una bella anguria fresca tagliata a pezzi, permettendo a noi bambini di sbrodolarci il succo zuccherino addosso. Da qui a contattare questo ragazzo ventottenne di Gioia del Colle (Ba) il passo è stato breve. Ecco quello che ci ha raccontato della sua idea imprenditoriale, che sa di estate, dolcezza e tanti sorrisi.
R: In periodi di crisi economica le persone più creative e “reattive” si inventano un lavoro, anziché lamentarsi per quello che non si trova. Ci racconti la tua attività? Come è nata l’idea di portare l’anguria per strada o di consegnarla a domicilio?
B: Io penso che alla base di ogni idea imprenditoriale o di start up ci sia la capacità delle persone di interpretare le esigenze del consumatore finale. Bisogna guardare le cose sempre da più punti di vista. Durante la scorsa estate, seppur facesse molto caldo, il prezzo delle angurie all’ingrosso era di circa 3 centesimi al kg, prezzo che non avrebbe consentito il recupero delle spese di produzione ne di raccolta (di qui si potrebbe aprire un capitolo enorme sul caporalato, ma non è questa la sede opportuna) e così la mia azienda agricola ha subito una grave perdita economica.
Una sera ero intento a portare una anguria a degli amici a bordo del mio scooter. Nel tragitto ho incontrato un mio amico che faceva running e alla richiesta ironica di un pezzo di anguria fresca ha accettato. Tornato a casa avevo ben impresso nella mia mente il concept: fare street food di frutta fresca in spiaggia in giro per il mondo a bordo di un mezzo particolare, diverso dai soliti ape car. Il sidecar.
Oggi, ad un anno di distanza, dopo aver percorso tanti km di burocrazia e carte, eccomi qui con un tassello in avanti rispetto a quella idea balzata dopo una esigenza di un potenziale consumatore.
R: Qual è il bilancio della tua attività sino ad ora?
B: Il mio bilancio è a pari. Ho iniziato il 6 Giugno. Il bilancio si compone di conto economico e stato patrimoniale. Io al momento lo distinguo in conti economici ed emozioni.
L’avvento della GDO ha aiutato molti dei produttori a piazzare prodotto (sottopagato) e dei consumatori a trovare tutto in un unico banco. Ciò che si è perso è il rapporto umano, il phatos, la fiducia.
Questo è il mio concetto di conto emotivo che ad oggi pareggia il mio conto economico negativo. 1 euro per ogni singola fetta è apparentemente tanto ma le spese sono molte e massa critica ancora non ce n’è. Se non cambia la cultura i conti non torneranno mai.
R: Anguria e sorrisi: in effetti è un frutto estivo che richiama le belle serate in compagnia. In inverno invece cosa pensi possa attirare l’attenzione della gente alla stessa maniera?
B: Quello che ho “ideato” è un concept che poteva dar voce al mio estro e ad un futuro non ci avevo ancora pensato. Di base ho qualcosa in mente ma come ogni idea ogni giorno viene modificata, arricchita etc. La base sarà sempre quella del sorriso. Far capire alla gente che i prodotti della nostra amata terra sono felicità allo stato puro e cercare di far vivere in ogni singolo boccone tutto quello che quel prodotto, prima che arrivare alle loro papille gustative, ha percorso nelle sue fasi.
R: Cosa consiglieresti ad un giovane che ha voglia di mettersi in gioco con un’attività in proprio?
B: Di mettersi in gioco, per l’appunto. Quello che sto vivendo è, prima di ogni bilancio economico, una esperienza di vita. Come ogni esperienza ti deve insegnare qualcosa. Io mi sto insegnando che quando si crede in qualcosa, anche quella che può sembrare la più banale, vale la pena di realizzarla al meglio.
R: Fare impresa oggi: è più difficile che in passato? Quali sono le doti che secondo te bisogna avere per avviare un’attività di successo?
B: Nulla è piu o meno facile. Io penso che, come diceva Seneca “La fortuna non esiste; esiste il talento che incontra l’opportunità“. Talento ed opportunità sono gli ingredienti di base. Voglia di fare, ottimismo e convinzione sono le guarnizioni. Ci sarà sempre qualcuno pronto a criticarvi ma la vostra idea vale di più. Oggi è meno semplice poichè il consumatore ha necessità particolari e la burocrazia è a tratti imbarazzante e non etica.
Io ho l’obbligo di affettare il mio prodotto all’interno del mio laboratorio autorizzato dall’ASL prima di ogni evento e di trasportarle a temperatura controllata all’interno del mio frigo. Ci sono serate in cui prevendo un numero totale di fette (ad esempio 100) e ne vendo di gran lunga in meno (ci sono state serate che ho venduto solo 10 fette. DIECI! Pari a 10 euro a fronte di comunicazioni ai SUAP per il suolo pubblico di 60 euro). Siccome sono un amante del prodotto fresco e buono (ed essendo prodotto deperibile dopo 24 ore non è piu buono) sono costretto a buttare tutto. Questo è ciò che desidererei cambiare nel mio piccolo, o farlo capire a chi pensa che 1 euro a fetta sia tanto.
Siamo troppo abituati ad avere tutto e subito e non abbiamo piu pazienza. Voglio insegnarmi e consigliare di iniziare ad essere protagonisti delle proprie vite e semmai qualcosa andrà storto, ci avremo provato. Altro consiglio. Cercate figure professionali competenti che vi aiutino nel vostro cammino; la strada sarà più facile.